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La seta

Storia

della bachicoltura

L’origine della bachicoltura affonda le sue radici in Cina intorno al VII millennio A.C.. Una leggenda narra che l’imperatrice Xi Ling Shi, moglie dell'imperatore Huang Di, stava sorseggiando un tè caldo all’ombra di una pianta di gelso quando, dai rami, un bozzolo cadde nella tazzina. A contatto con l’acqua calda la sericina si sciolse liberando il filamento serico dando così origine al primo filo di seta. Per millenni il procedimento per la sua produzione fu tenuto segreto, fino a quando, in epoche successive, l'arte della produzione della seta si espanse verso il Giappone, la Corea, l'India e l’Europa.

Le uova del Bombix Mori, chiamate con il termine semenza, vengono fatte schiudere generalmente in primavera, quando le foglie dei gelsi sono già completamente formate ed i raccolti si protraggono sino all’autunno.

Il baco

da seta

A seconda delle zone climatiche di allevamento i raccolti possono essere da 2/3 sino a 8/10 all’anno. Il baco da seta durante tutta la sua fase larvale si ciba di sole foglie di gelso finemente tritate. Da insetti di pochissimi millimetri, in circa 27 giorni, diventano lunghi fino a 7/8 centimetri.

A quel punto il baco da seta è pronto a costruire il proprio bozzolo per estrusione del filamento serico contenuto nelle due ghiandole setifere o seritteri disposte ai lati dell’intestino e distinte in tre porzioni: la posteriore, la mediana e l’anteriore, chiamate rispettivamente canale secretore, serbatoio, e canale escretore. I canali escretori dei due seritteri si riuniscono nella filiera, piccolissima apertura che si trova sul muso del baco.

Da ogni seritterio esce allo stato pastoso un sottilissimo filamento chiamato bavella. Le due bavelle nella filiera di saldano insieme per mezzo della sericina (gomma della seta) ed assumono lo stato di fibra solida al contatto dell’aria.

L’emissione della bava è passiva, non avviene quindi per compressione delle ghiandole setifere, ma è data semplicemente dai movimenti ad otto del capo del baco, il quale provoca così l’emissione continua del filamento.

Il

bozzolo

Il baco da seta, una volta terminate le cinque età larvali, sale al “bosco”, ovvero inizia a costruire il bozzolo partendo dalla sua impalcatura (detta spelaia) composta da piccole anse od occhielli. Circa venti anse costituiscono un gruppo o pacchetto di superficie di circa 4-5 mm. L’insieme di più pacchetti compongono i vari strati del bozzolo. I pacchetti vengono deposti in maniera irregolare, ma senza mai interrompere la continuità del filo. I diversi strati che compongono il bozzolo sono chiamati anche vesti o pagine seriche del guscio. In base alle razze di solito si contano 5/6 strati. Il bozzolo delle razze più comuni è costituito da un singolo filo continuo di seta di lunghezza variabile fra i 500 e i 1200 metri.

Come abbiamo detto la spelaia è la prima parte del filo estruso dal baco da seta, circa 40/50 metri, dopo di che inizia a costruire il bozzolo vero e proprio. La parte esterna del bozzolo, detta “strusa”, ha una lunghezza convenzionalmente misurata in un centinaio di metri. La parte centrale, detta “dipanabile”, è quella che interessa la filatura in quanto rappresenta la parte in cui il titolo delle bavelle è più regolare, la lunghezza varia a seconda delle razze e dei fattori climatici e di allevamento; essa può variare dai 450 ai 1.000 metri.

Quando il baco da seta sta per terminare il proprio lavoro il tiolo del filamento inizia a diminuire progressivamente; tale parte, detta “teletta”, non più dipanabile, ha una lunghezza di circa 70/80 metri. Ovviamente tutti questi valori sono puramente indicativi date le innumerevoli razze di Bombix Mori e le differenti zone climatiche in cui viene allevato. Il filamento visto al microscopio appare costituito da due distinti elementi proteici: la fibroina e la sericina. La fibroina costituisce l’asse del filo serico e ne è la parte essenziale rappresentante il 70-80% del suo peso; la sericina riveste l’asse di fibroina a guisa di una guaina completa e rappresenta il 20-30% del peso della seta. Le parti restanti quali: materie grasse, cerose, coloranti e minerali non superano complessivamente il 2-3% del peso.

Per l’utilizzazione industriale dei bozzoli in filanda è necessario che la crisalide venga essiccata prima che “sfarfalli”, ossia prima che completi la propria metamorfosi trasformandosi in farfalla e buchi irrimediabilmente il bozzolo. A tale scopo in passato si passavano i bozzoli in stufe di soffocazione, che mediante i vapori dell’acqua bollente procedeva alla stufatura ad umido. Successivamente i bozzoli umidi venivano posizionati in ampie gallettiere ben ventilate per asciugare; fino a diminuire il loro un peso a circa un terzo di quello iniziale. A questo punto i bozzoli possono essere commercializzati come secchi.
In tempi più moderni si è passato a tecniche più rapide ed efficaci come la stufatura a secco, con l’impiego di appositi essiccatoi. Questo permette inoltro di ridurre al minimo il rischio di muffe.